Rivista
Marzo/Aprile 2017 n 116
Il trasporto pubblico in Italia, pur con le dovute differenze a livello geografico, non gode di buona salute, come dimostrano, fra l’altro, la chiusura, negli ultimi anni, di 1.120 chilometri di linee ferroviarie e la sospensione del servizio su altri 412 km di rete ferrata per inagibilità delle infrastrutture. E’ al Sud, però, che la situazione si presenta decisamente più drammatica, con un’età media del materiale rotabile di oltre 20 anni (17,2 è invece quella nazionale) ed elevati tempi di percorrenza. Non mancano, tuttavia, le eccezioni, come, per esempio, la metropolitana di Napoli dove più di 150mila passeggeri al giorno si servono della Linea 1, con un aumento del 36 per cento negli ultimi tre anni. Senza considerare che sono state riqualificate o realizzate nuove stazioni, con il coinvolgimento di artisti e architetti di fama internazionale, e che quella di Toledo si è aggiudicata ambiti riconoscimenti internazionali.
Per invertire la rotta, occorrono più investimenti e progetti. I tagli lineari delle risorse statali degli ultimi tempi (-20% dal 2009 al 2016) hanno, infatti, amplificato il gap Nord-Sud, trasferendo alle regioni responsabilità, compiti e poteri che, inevitabilmente, hanno prodotto effetti negativi esponenziali nelle realtà territoriali già disagiate, mentre in quelle floride il contraccolpo è stato meno doloroso, stimolando, anzi, reazioni migliorative sul piano dell’offerta. In altri termini, questo federalismo lasciato a se stesso, senza controllo da parte dello Stato, ha creato effetti devastanti, specialmente in talune regioni, come la Campania, dove il ridimensionamento dei finanziamenti pubblici, unitamente all’inefficienza della precedente Giunta regionale, ha influito negativamente sulla qualità e quantità dell’offerta.
Qualcosa fortunatamente sta cambiando con la Giunta De Luca, vedi l’acquisto di nuovi treni di ultima generazione, il contratto di servizio siglato con Trenitalia che prevede maggiori investimenti per il trasporto regionale e, soprattutto, la pressione sul Governo tradottasi nella concessione di fondi straordinari (circa 600 milioni di euro) per coprire la voragine dei debiti contratti in passato dall’Eav. Un risultato importante, quest’ultimo, che può consentire alla holding dei trasporti regionali di rifiatare e, finalmente, iniziare a definire una nuova strategia per raggiungere l’obiettivo del cambiamento, avviato con la riapertura dei cantieri per l’ampliamento della rete ferroviaria gestita da Eav, bloccati da anni a causa dei contenziosi.
La mobilità, oltre ad essere un bisogno inalienabile dei cittadini ed un diritto/dovere da soddisfare pienamente ad ogni latitudine, costituisce rilevante fattore strategico per le politiche di sviluppo e di tutela dell’ambiente. Trasporti pubblici efficienti, infatti, inducono ad un minor ricorso all’auto con considerevoli vantaggi sul piano del traffico, della lotta all’inquinamento e, quindi, della vivibilità. Obiettivi, questi, che possono essere conseguiti solo se il settore torna ad essere una priorità nazionale non condizionata, come è accaduto sinora, dalle differenti sensibilità, capacità e criticità regionali.