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Napoli, domenica 15 settembre

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Mondoauto marzo 2024

MondoAuto

La velocità è senza dubbio una delle principali cause di incidentalità stradale. Al di là dei limiti fissati dal Codice della Strada l’andatura deve essere, sempre, adeguata al contesto della circolazione (traffico, condizioni atmosferiche, manto stradale, stato psico-fisico del conducente, ecc.): si possono infatti causare sinistri gravi, se non addirittura letali, anche a velocità apparentemente innocue, come, per esempio, quelle dei monopattini elettrici. Solo l’immobilità garantisce il rischio zero, ma a duro prezzo: si ferma la città e tutte le sue funzioni vitali.

In quest’ottica la querelle sulle “zone 30”, che sta montando negli ultimi tempi, appare un falso problema. Il Codice parla chiaro: gli enti proprietari della strada possono fissare limiti di velocità minimi e massimi diversi da quelli indicati, ma solo in “determinate strade o tratti di esse”, in presenza di condizioni particolari che vanno opportunamente precisate. L’obiettivo, infatti, è di garantire due esigenze specifiche: la sicurezza, innanzitutto, e poi la scorrevolezza del traffico. La riduzione della velocità non sempre comporta effetti positivi. Se imposta in zone dove non occorre una misura di questo tipo, crea rallentamenti e ingorghi e, quindi, maggiori emissioni inquinanti. Senza considerare che, quando si è in fila, aumenta anche il rischio distrazione, in quanto si è più propensi ad usare il telefonino.

È evidente che là dove ci sono maggiori interferenze tra traffico veicolare e utenze deboli (pedoni, ciclisti, diversamente abili, scuole, parchi giochi, aree verdi ecc) occorrono più cautele e, dunque, ben vengano limiti di velocità più restrittivi. Ma estenderli in modo generalizzato all’intera città, o a gran parte di essa, è un atto immotivato, illogico e, perciò, illegittimo, con il rischio che la cittadinanza non lo rispetti, perché considerato infondato e irrazionale, abituandosi, così, a violare le norme. Bene ha fatto quindi il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti ad emanare una specifica direttiva in cui, di fatto, si ribadiscono indirizzi consolidati di buon senso e già espressi in precedenti provvedimenti ministeriali, chiarendo i criteri da seguire per modificare i limiti di velocità definiti dal Codice della Strada. 

Non si possono adottare misure come le “zone 30” per scaricarsi di responsabilità oggettive. Vale a dire che i Comuni, spesso, ricorrono ad espedienti come l’abbassamento dei limiti di velocità per sopperire all’incapacità di governare e controllare efficacemente la mobilità dei cittadini. Mancano, in particolare, i piani di traffico e sicurezza stradale (PUMS), i controlli, ivi compresi quelli della velocità, la manutenzione delle strade e dei marciapiedi, le piste ciclabili e gli attraversamenti pedonali protetti, i semafori intelligenti, i dispositivi elettronici per il controllo delle infrazioni da remoto, una illuminazione adeguata, la segnaletica orizzontale e verticale. Insomma, se solo si provvedesse a rispettare ciò che già prevede il Codice della Strada, nella stragrande maggioranza dei casi non sarebbe necessario ricorrere a misure derogative.

Il problema è che, allo stato, si fa troppo poco, in termini di prevenzione, sensibilizzazione e formazione degli utenti della strada con la conseguenza che ci si mette alla guida dei veicoli senza la consapevolezza dei rischi che questa comporta. L’obiettivo prioritario da perseguire è la sicurezza, formando generazioni future di utenti della strada corrette e responsabili, coinvolgendo in primis famiglie e scuola.

 

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