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Napoli, lunedì 11 dicembre

Foto A. Zarcone
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Il verde urbano abbandonato

Il Presidente

È uno strazio vedere com’è ridotta, oggi, la collina di Posillipo: uno dei luoghi, al mondo, più amati e celebrati nelle poesie, nelle canzoni, nei film, nelle opere d’arte, tanto da dare persino il nome ad una delle maggiori correnti pittoriche dell’Ottocento, la Scuola di Posillipo, appunto, che sulla bellezza dei paesaggi di Napoli costituì la sua essenza.  Un tempo lungo i viali alberati che costeggiano il parco Virgiliano si correva addirittura per la Formula 1, oggi il rovinoso manto stradale non consentirebbe nemmeno una gara di Enduro, ed i marciapiedi malridotti impediscono persino una piacevole passeggiata a piedi. Lo scempio dei tronchi mozzati che prima davano vita a rigogliosi pini fiancheggianti via Manzoni, viale Virgilio e via Tito Lucrezio sono un oltraggio ai dipinti di Giacinto Gigante ed Anton Sminck van Pitloo che hanno fatto il giro del mondo, tanto amati dai forestieri suscitando in loro il desiderio di visitare Napoli e i suoi tesori. Ma molte di quelle vedute oggi non incantano più. Lo sguardo che da Posillipo scende giù su Bagnoli è una pugnalata al cuore: una landa desolata, abbandonata a sé stessa che da trent’anni rivendica un improbabile riscatto, se e quando avverrà. La mancata riqualificazione dei terreni ex Ilva rappresenta una delle pagine più vergognose della nostra storia: la fine dell’era industriale a ridosso del mare sembrava poter aprire le porte a sogni di una rinascita gloriosa per uno dei posti più suggestivi del nostro territorio. L’utopia di Lamont Young di fine Ottocento di un quartiere – Rione Venezia e Campi Flegrei - con laghi artificiali, giardini, centro d’arte e congressi, stabilimenti termali e balneari poteva costituire un valido punto di partenza intorno al quale discutere sulla riconversione di quei suoli umiliati dal fuoco dell’acciaio. Invece, dalla chiusura dell’altoforno ad oggi solo tante parole, spreco di ingenti risorse pubbliche e pochi fatti, con l’eccezione di Città della Scienza: un polo di luce in mezzo a tante rovine che, però, non è durato a lungo. Un misterioso incendio dieci anni fa ne distrusse il museo interattivo e da allora la sua ricostruzione è ancora ferma al palo.

Purtroppo, quelli di Posillipo e Bagnoli non sono casi isolati di luoghi in stato di degrado che stridono con le cartoline di una Napoli romantica e ridente. Si pensi ai parchi: la Villa Comunale, la Floridiana, quelli dei Camaldoli e del Poggio su tutti, ma anche i giardinetti di via Ruoppolo al Vomero o del parco La Pineta ai Colli Aminei.  Polmoni verdi e di ossigeno che avrebbero bisogno di cura e manutenzione continua per contrastare l’indecoroso declino in cui stanno sprofondando. Per non parlare dei casi come quello di viale Augusto a Fuorigrotta, una delle strade più “esotiche” della città che, dopo la “strage” delle alte palme verdeggianti, è ancora in attesa di vedere l’avvio della ripiantumazione.

Intanto, ai turisti che arrivano a Napoli e che si rivolgono al bus panoramico “City Sightseeing” per fare il giro della città con l’entusiasmo di vedere dal vivo posti ammirati solo in foto e video, resta l’amaro in bocca nel constatare tanta bellezza sciupata dall’abbandono.  Eppure, la cura del verde non è solo una questione d’immagine, ma anche di qualità della vita: la lotta all’inquinamento per un ambiente più salubre, infatti, comincia proprio da qui. 

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