Rubrica
La dura legge del calcio azienda
Che fosse giunto il momento della rifondazione per la squadra di calcio del Napoli lo avevamo capito già l’anno scorso con l’annunciato addio del capitano Insigne. E con lui altre bandiere storiche sono andate via come Mertens e Koulibaly. E non è detto che la fuoriuscita dei big, ormai pochi, si arresti qui. Insomma, la delusione tra i tifosi è fortissima, perché non si intravvedono rosee prospettive di rilancio. A quanto pare l’unico obiettivo perseguito dal Presidente De Laurentiis è il profitto proveniente dalla duplice operazione di vendita degli ultimi tesori rimasti in rosa e dal taglio degli ingaggi. Intanto il tempo passa, ed i sostituti, già acquistati o in procinto di esserlo, non sono in grado di accendere l’entusiasmo di una piazza abituata a ben altri campioni e non ci riferiamo solo al più grande di tutti i tempi, Maradona.
La sensazione è di essere arrivati al capolinea e che lo stesso Presidente si sia stancato del suo “giocattolo” dal quale, ormai, ha tratto, per sé e la sua famiglia, tutto ciò che poteva guadagnare ed anche oltre le aspettative iniziali. Per giunta non paga da anni i suoi debiti al comune ma chiede nuovi spazi a fuorigrotta, dopo essersene appropriati già diversi attorno allo stadio. Inoltre vuole l’autorizzazione a sfruttarli per nuovi insediamenti, cinema, bar, discoteche, paninoteche, tutte attività che prevedono ulteriori afflussi di veicoli, in sosta e non, in un quartiere già saturo oltre la sua possibilità di ricezione, vedi, Politecnico, Mostra, Rai etc. . E’ giunto quindi il momento di cambiare, anche perché è il calcio che sta mutando e ha bisogno di nuovi soggetti all’altezza delle nuove sfide. In ogni caso, chiunque rileverà la società non pretendiamo che debba essere uno sfegatato e storico tifoso, ma almeno che abbia la passione per questo sport e, soprattutto, consapevolezza e rispetto per l’amore dei milioni di supporter di questa squadra che non meritano un presidente commerciante.
L’apatia in cui versa il Napoli a ben guardare non è che il riflesso di un generale stato di decadimento del calcio nel nostro Paese. La vittoria dell’Europeo è stato il canto del cigno, o, detto in altri termini, un gran colpo di fortuna. L’eliminazione dal mondiale (per la seconda volta consecutiva) ci ha fatto ritornare con i piedi per terra e capire che ormai non siamo più protagonisti, siamo scivolati nella periferia del calcio e destinati a restarci per un bel po’. Tanto più che i vertici della Federazione continuano ad assistere inermi ad un tracollo ben raffigurato dalla fuga di tutti i campioni dalla Serie A. L’Italia non fa più gola e persino le squadre maggiormente blasonate hanno perso il loro appeal. Stiamo andando alla deriva senza che nessuno muova un dito. Dobbiamo ricominciare da zero, partendo dai giovani e dai vivai per porre un argine allo strapotere di un mercato sempre più in mano ad affaristi speculatori che stanno affossando questo sport. C’è una nazionale da rifondare e non può essere certo il solo Commissario tecnico Mancini ad assumersi il compito di questa ardua impresa. Ma l’immobilismo della Federcalcio non lascia ben sperare. Il prossimo campionato, già anomalo per l'interruzione forzata dovuta al Mondiale, si preannuncia povero di spettacolo e di entusiasmo, probabilmente più equilibrato, ma solo perché livellato verso il basso. Ed ahinoi, nemmeno in questo modesto contesto, il nostro Napoli sembra essere in grado di poter competere per lo scudetto, destinato ad essere un sogno chissà quando realizzabile.